◊ Per lungo tempo, l'ipotesi che il libro di Isaia sia il prodotto della giustapposizione di due o tre libri profetici ha ricevuto un largo consenso da parte degli studiosi. È perciò comune trovare spiegazioni al riguardo nella manualistica.
◊ Vediamo schematicamente di che cosa si tratta:
• Di per sé, il libro di Isaia non afferma di essere stato scritto dal profeta Isaia (si riferisce a lui in terza persona). Nonostante ciò, già dall'antichità l'attribuzione della stesura del libro allo stesso profeta era l'opinione comune, tranne che per qualche voce isolata (per esempio, Abraham Ibn Ezra nel XII sec.).
• Sembra che Johann C. Döderlein (1788) sia stato il primo a suggerire che in Isaia ci siano due libri: uno risalente al profeta del VIII sec. (Is 1-39) e un altro ad opera di un profeta anonimo del VI sec. (per il quale si userà la denominazione convenzionale Deuteroisaia). Alcune ragioni per sostenere tale ipotesi sono:
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- Le menzioni a Ciro di Persia (44,28; 45,1).
- Affermazioni che situano i lettori in Babilonia (48,20) e presuppongono che Gerusalemme sia in rovina (45,13).
- Le differenze in terminologia e stile.
• Più avanti sarà Bernhard Duhm (1892) a proporre che non sono due, ma tre i libri giustapposti. Il terzo, Is 56-66, risalirebbe a un profeta anonimo del V sec. (nome convenzionale: Tritoisaia). Le ragioni a sostegno di questa seconda ipotesi sono magari un po' più deboli delle precedenti: il ruolo di leader di sacerdoti e leviti (61,6; 66,21), il fatto che sembri che le mura di Gerusalemme sono state ricostruite (62,6)…
• Il successo delle ipotesi menzionate ha dovuto però fare i conti con le parti del testo che si accordano male con l'idea che la critica di allora aveva elaborato sullo sviluppo del profetismo nei diversi periodi della storia di Israele. I problemi si concentravano soprattutto nella prima parte, dove sempre più sezioni venivano catalogate come "aggiunte secondarie" (ad esempio Is 12-14; 24-27; 36-39…). Solo un 20-40% di Is 1-39 rimase incontestato.
• Dopo praticamente due secoli dominati da questa impostazione, è sorta la domanda: veramente la teoria dei libri giustapposti è in grado di spiegare la forma che ha il libro di Isaia? E la risposta è stata: «No». Come punto di riferimento per questa svolta si può menzionare lo studio di Rolf Rendtorff, Zur Komposition des Buches Jesaja (1984).
• Alcuni punti da tener presenti:
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- Isaia non si può spiegare come prodotto della fusione (casuale) di diversi libri. Per il semplice fatto che non contiene tre inizi e tre finali.
- Sebbene non ci siano le basi per sostenere che si tratti di opere diverse, è alla vista che Isaia allude chiaramente a due contesti storici diversi (pre-esilio e esilio). Meno chiaro, ma non impossibile, è che ci sia anche materiale del post-esilio.
- Lo studio dello stile, del linguaggio e della tematica non riesce a essere determinante, perché convivono chiare distinzioni fra 1-39, 40-55 e 56-60 con costanti presenti nelle tre parti e esclusive del libro de Isaia (esempio tipico: קדוש ישראל qadoš yiśraˀel "il Santo di Israele", titolo divino che appare 25 volte lungo tutto Isaia e solo altre 6 volte nel resto della Bibbia Ebraica).
- Insomma, tutto fa pensare che l'opera è risultato di un lungo processo redazionale che, come cosa più logica, ha avuto inizio con la predicazione del profeta Isaia. Come sia avvenuto tale processo non ci risulta noto. Possiamo menzionare due ipotesi che tentano di spiegare lo sviluppo del libro: quella della scuola di Isaia e quella delle riletture. In realtà, tutte e due dicono più o meno la stessa cosa: qualcuno — in associazione o per conto proprio — ha ritenuto utile e possibile aggiornare il materiale profetico collegato a Isaia.