I Papi del rinascimento
Papa Martino V (1417-1431) era tornato a Roma nel 1420, dopo una lunga assenza dei Papi dovuta al loro soggiorno ad Avignone (1305-1376) e al successivo Grande Scisma d'Occidente (1378-1417). Lui e i suoi successori si trovarono di fronte al compito di riorganizzare lo Stato Pontificio e di ristabilirlo come territorio secolare nel concerto del mondo degli Stati, in concorrenza con gli Stati nazionali che si stavano formando. Allo stesso tempo si impegnarono -con scarso successo- a difendere Costantinopoli, e dopo la sua caduta (1453), a fermare l'espansione turca. Inoltre si batterono per la conservazione delle prerogative del primato papale sull'idea conciliare da un lato e sulle chiese nazionali dall'altro. Per dare nuovo prestigio a Roma e al papato, i pontefici, particolarmente a partire da Nicolo V (1447-1455) promossero l'arte, la cultura e la scienza in una misura senza precedenti. Al contempo, le riforme della Chiesa, richieste più volte dai concili del XV secolo, passarono in secondo piano. Questa omissione, in parte dovuta anche a una diffidenza nei confronti dell'istituzione del concilio, è un'eredità gravosa, vista la Riforma protestante del 1517. La critica del papato rinascimentale aggiunge a questi demeriti anche l'inadeguatezza sul piano morale di alcuni dei papi dell'epoca, fra i quali è paradigmatico Alessandro VI.