◊◊◊ Partendo dall'idea che "Dio parla per mezzo dei profeti", nella prima parte dell'introduzione abbiamo riflettuto sul concetto "parola di Dio". Il nostro interesse, piuttosto che dirigersi alla sua dimensione ontologica (vid. Es.Ap. Verbum Domini [2010], n. 7), punta verso la sua dimensione comunicativa. Detto in un altro modo, ciò che cerchiamo sono le modalità tramite le quali la parola di Dio si fa presente.

[i] La parola di Dio

◊ L'idea che è stata sottolineata è quella – per un certo verso sorprendente – che una ricezione immediata della parola di Dio ucciderebbe l'essere umano (cfr. Dt 18,15-17). Abbiamo sviluppato l'idea ricordando come Mosè viene presentato come un'eccezione, anzi, l'unica eccezione a questo fatto: solo lui riceve la parola di Dio di modo immediato (cfr. Nm 12,5-8).

◊ Una possibile "traduzione" di questo elemento narrativo in linguaggio concettuale sarebbe: la Scrittura stabilisce come normativo che la parola di Dio arrivi all'essere umano tramite una mediazione. A continuazione dobbiamo studiare di quale tipo di mediazione si tratta.

[ii] La mediazione non profetica della Parola

◊ Il primo tipo di mediazione in cui ci siamo soffermati è quello che si denomina divinazione induttiva o tecnica, vale a dire, l'insieme di tecniche e procedure tramite le quali in tante religioni si pretende raggiungere la voce della divinità: sacrifici, osservazione degli astri o delle avi, sorti, negromanzia, interpretazione dei sogni… Su quelle realtà, l'AT esprime un giudizio molto negativo, tradotto in un divieto radicale (cfr. Dt 18,9-14). Tuttavia, fatti di quel genere si trovano nella narrativa dell'AT. Ad esempio:

  • Le sorti per individuare il colpevole in Gs 7,16-18.
  • L'invocazione del defunto Samuele in 1Sam 23.
  • L'interpretazione dei sogni da parte di Giuseppe o di Daniele.

◊ Precisamente questi ultimi due aiutano a vedere la portata della presenza di tali elementi nella narrativa biblica: si rifiuta che l'effetto cercato si possa raggiungere per mezzi tecnici, si tratta invece di un dono di Dio (cfr. Gn 41,16; Dn 2,27-28). La libertà di Dio non viene limitata in nessun caso: né obbligandolo a parlare in quelle cose, né escludendo che possa anche farlo.

◊ In secondo luogo abbiamo descritto sommariamente due possibili figure di mediatori personali non profetici:

  • Messaggero di Dio/Yhwh (מלאך [ה]אלהים / יהוה). Figura non essente di ambiguità nella narrativa biblica più antica: si passa immediatamente da dire che parla il "messaggero del Signore" a dire che è il Signore che sta parlando. Nei testi più recenti (Daniele), si apre strada chiaramente la fede nell'esistenza di esseri creati di natura spirituale: la angeleologia. Ma, malgrado "angelo" significhi "messaggero", la maggioranza dei messaggi divini non vengono affidati al ministero angelico, ma a quello profetico.
  • Sacerdoti. L'AT rapporta come pratica comune il fatto di dirigersi ai sacerdoti per interrogare Dio. Addirittura, nella descrizione degli indumenti sacerdotali israelitici si menzionano oggetti probabilmente collegati a pratiche divinatorie (efod e urim-tummim). Tuttavia, si trovano pochissimi riferimenti espliciti alla messa in pratica di tale funzione, e mai in riferimento a contenuti di una certo rilievo teologico. Inoltre, è da sottolineare che mai nell'AT si vincolano i sacrifici a pratiche divinatorie.

◊ In conclusione, anche se non si può escludere che Dio si serva di persone e di circostanze di diverso genere (la libertà divina non è compromessa), la mediazione della Parola appare come un compito proprio dei profeti nell'AT.

Ultime modifiche: giovedì, 17 febbraio 2022, 11:04